Il Prof. Ousmane Ndiaye, rinomato pediatra specializzato in neonatologia, Vice Presidente dell’Association Pediatrique de Langue Française e Technical Advisor della Fondazione Chiesi, fornisce un’analisi approfondita dello stato attuale della salute neonatale in Africa. Discute l’impatto trasformativo del NEST Model, delle sfide e dei risultati riscontrati nella sua implementazione. Le riflessioni del Prof. Ndiaye gettano luce sugli sforzi per migliorare l’assistenza neonatale nei paesi subsahariani e sulle strategie necessarie per raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Puoi raccontarci del tuo ruolo di consulente tecnico per il modello NEST?
Nel mio ruolo di Technical Advisor per il modello NEST, supporto la Fondazione Chiesi nell’implementazione dei suoi programmi nei paesi africani quali Benin, Burkina Faso, Burundi, Costa d’Avorio e Togo.
Qual è lo scenario attuale della salute neonatale nell’Africa subsahariana in relazione agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite?
In questi Paesi, la Fondazione Chiesi ha compiuto notevoli sforzi per migliorare la qualità dell’assistenza nelle strutture sanitarie per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Tuttavia, i Paesi africani affrontano una sfida significativa nel ridurre la mortalità neonatale: le cifre attuali per l’Africa occidentale e centrale stimano un tasso di 30 decessi ogni 1.000 nati vivi, superando di gran lunga l’obiettivo del 2030 di meno di 12 ogni 1.000.
Ciò richiede uno sforzo sostanziale e l’implementazione di strategie per accelerare i progressi. Le leve chiave includono il rafforzamento delle risorse umane e il miglioramento della qualità dell’assistenza, in particolare implementando la formazione sulle competenze essenziali per ridurre la mortalità neonatale.
Potresti fornirci una panoramica del modello NEST e dei suoi principali obiettivi per migliorare l’assistenza neonatale nell’Africa subsahariana?
Il Modello NEST affronta questa sfida concentrandosi sui seguenti componenti chiave, come l’assistenza essenziale ai neonati, la gestione di complicazioni come problemi respiratori, asfissia e ittero e l’organizzazione di reti perinatali. Fornisce un quadro per condurre valutazioni delle strutture sanitarie in varie aree: risorse umane, infrastrutture, attrezzature e forniture, gestione dei dati e comunicazione, comprese campagne di sensibilizzazione e advocacy. Sulla base di questa valutazione, i partner locali sviluppano piani d’azione per affrontare le lacune identificate e raggiungere gli obiettivi di riduzione della mortalità.
In che modo il modello NEST contribuisce a migliorare la sopravvivenza neonatale nelle regioni in cui viene implementato?
Come accennato, il Modello NEST valuta le carenze in tutte le aree rilevanti, riconoscendo che queste inadeguatezze sono i principali fattori che contribuiscono alla mortalità neonatale. Colmare rapidamente queste lacune è fondamentale per migliorare la qualità dell’assistenza e ridurre la mortalità. La questione critica ora è implementare le strategie sviluppate da queste valutazioni basate sul Modello NEST.
Quali sono le principali sfide che i partner devono affrontare nell’implementazione del modello NEST?
I nostri partner affrontano numerose sfide. Le valutazioni locali delle strutture sanitarie rivelano ostacoli significativi, principalmente per quanto riguarda le infrastrutture; in molte località, le strutture sono semplicemente inadeguate per l’assistenza neonatale, contribuendo a una scarsa qualità dell’assistenza. Il personale è un altro problema critico: le risorse umane richiedono un rafforzamento delle capacità, in particolare attraverso la formazione, un’area in cui la Fondazione Chiesi è attivamente coinvolta.
Mancano anche risorse materiali. Le attrezzature essenziali, come le macchine CPAP per neonati prematuri con difficoltà respiratorie, sono spesso insufficienti. Colmare queste lacune materiali è fondamentale per ridurre la mortalità.
Infine, l’organizzazione dell’assistenza, sia all’interno delle strutture che tra aree geografiche, necessita di miglioramenti. Le limitazioni delle risorse spesso richiedono la messa in comune delle risorse all’interno di una regione. Ciò evidenzia l’importanza delle reti perinatali, che consentono l’impiego strategico delle risorse umane disponibili per colmare le lacune.
Quali collaborazioni o partnership sono essenziali per il successo del modello NEST?
Il Modello NEST necessita di una promozione più ampia e di una comprensione più chiara. Quando viene sviluppato un modello, le parti interessate naturalmente ne chiedono il valore e l’impatto. Pertanto, è fondamentale che tutti i partner coinvolti nella salute neonatale si allineino con gli obiettivi e lo scopo del Modello NEST. Ciò richiede una stretta collaborazione non solo con i partner in loco della Fondazione Chiesi, ma anche con altre organizzazioni che lavorano nella salute neonatale, come UNICEF e Save the Children. Queste organizzazioni devono comprendere la filosofia del Modello NEST e valutarne il potenziale per migliorare i risultati per le loro popolazioni target. Un ampio coinvolgimento dei partner è essenziale per il progresso, poiché gli sforzi collaborativi sono fondamentali per risolvere questi problemi complessi.
In che modo la Fondazione Chiesi contribuisce a migliorare l’assistenza neonatale e a ridurre la mortalità neonatale in Africa?
La Fondazione Chiesi apporta contributi significativi e preziosi in Africa, in particolare nei paesi francofoni. Oltre al supporto finanziario, la Fondazione fornisce assistenza tecnica a vari stakeholder, consentendo loro di implementare le migliori pratiche per migliorare la salute neonatale.
Un punto di forza fondamentale dell’approccio della Fondazione è la sua attenzione all’inclusione e alla reattività alle esigenze locali. Dà priorità alle esigenze specifiche di ogni sito, considerando anche l’urgente necessità di ridurre la mortalità neonatale, per sviluppare interventi efficaci.
Inoltre, la Fondazione Chiesi promuove la collaborazione incoraggiando i partner locali a cercare altri partner e a lavorare insieme per ottimizzare le risorse e massimizzare l’impatto. Questo approccio collaborativo è esemplificato dai piani d’azione sviluppati per ogni struttura sanitaria mirata. Sebbene questi piani possano ricevere finanziamenti dalla Fondazione Chiesi, rimangono aperti ai contributi di altri partner, un approccio che la Fondazione promuove attivamente. Questo modello di finanziamento collaborativo è un punto di forza significativo del lavoro della Fondazione.
Come percepisci l’andamento della mortalità neonatale in Africa e quali strategie possono essere attuate per affrontare le sfide future?
Mentre abbiamo discusso le tendenze generali, è importante evidenziare i preoccupanti alti tassi di mortalità neonatale nell’Africa francofona. Con una media di 30 decessi ogni 1.000 nati vivi, la regione resta lontana dall’obiettivo del 2030 di meno di 12 ogni 1.000. Tuttavia, questi dati aggregati mascherano variazioni significative tra i paesi.
Attualmente, solo Capo Verde e Trinidad e Tobago hanno raggiunto gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per la mortalità neonatale. Altri paesi affrontano tassi allarmanti e l’attuale tasso di declino è troppo lento per raggiungere l’obiettivo. La riduzione media è di circa il 2% annuo, mentre alcuni paesi avrebbero bisogno di riduzioni del 5% o addirittura del 10% per raggiungere l’obiettivo.
La strada da seguire è chiara: devono essere implementate strategie comprovate e convalidate. Sfortunatamente, numerose sfide in alcuni paesi ostacolano questa implementazione. È necessario un approccio pragmatico, focalizzato sulle realtà attuali, sulle risorse disponibili e sulle azioni realizzabili per accelerare i progressi, anche se il pieno raggiungimento degli SDG si rivela difficile. È essenziale rimanere ottimisti.
Come africano, desidero esprimere la mia sincera gratitudine alla Fondazione Chiesi. Il loro approccio dinamico e inclusivo è particolarmente degno di nota. La Fondazione consente ai beneficiari di definire i propri bisogni e di modellare gli interventi in base a obiettivi condivisi. Questo modello collaborativo è altamente efficace.